SCELTE DI TRASCRIZIONE DELLA LINGUA PARLATA
A meno di non utilizzare l'alfabeto fonetico, non esistono precise regole per trascrivere un dialetto: è necessario operare delle scelte, anche a costo di commettere imprecisioni grammaticali.
Ad esempio, come fare per trascrivere la lettera c che il livornese spesso e volentieri omette? Lui la pensa ma non la dice, non la dice affatto, la elimina completamente, non è come il fiorentino che la sostituisce con un suono aspirato. Sarà il caso di rimpiazzarla con un apostrofo? Parliamone.
DUE PAROLE SULL'APOSTROFO
Tutti sappiamo che nell'ortografia italiana, l'apostrofo si usa per indicare un'elisione vocalica, e in taluni casi un troncamento (o un'apocope, ma non sottilizziamo).
Un esempio di elisione:
Un esempio di troncamento:
In parole semplici: quando vediamo un apostrofo, possiamo esser certi che sta sostituendo una o più lettere dell'alfabeto. Questa è la sua precisa funzione.
L'apostrofo sembra dunque il jolly ideale per la c mancante, e infatti in certi casi lo è. Vediamone uno:
Il livornese, però, non si accontenta di eliminare la c di cuccia, si mangia pure la i di in. Così:
E fin qui possiamo starci: gli apostrofi non sembrano inficiare la scorrevolezza della lettura.
Proviamo a spingerci oltre:
Siamo al limite della leggibilità, ma l'apostrofo sembra ancora accettabile. E' accettabile perché elimina vocali o consonanti esterne, non interne alle parole.
Vediamo una frase in cui il livornese elimina lettere un po' ovunque, e al contempo inserisce un in di troppo ("dove" diventa "in dove"):
No, qui la leggibilità è andata a farsi benedire, e soprattutto si è smarrito il suono della frase: gli apostrofi spezzano il suo naturale fluire, non si riesce ad "ascoltarla". Per tale ragione, in questo dizionario è stato adottato il seguente criterio:
Cos'è accaduto? Un fatto semplice: sono apparsi gli accenti tonici. La loro presenza fa ben "suonare" le parole (esattamente come le pronunciano i livornesi) ed evita di farle confondere con altre. Ad esempio, il verbo «puoi» che diventa «pòi» non può essere scambiato con l'avverbio «poi» perché quest'ultimo non vuole nessun accento.
PER CONCLUDERE
Con un uso combinato di apostrofi e accenti, le frasi non perdono di leggibilità e rimangono comprensibili.
Buona consultazione del dizionario a tutti.
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Granàta · Arnese per spazzare i pavimenti. Scopa.
(†) Gua' [
guà] · Saluto confidenziale che sta per "guarda", l'apostrofo
gua' indica il troncamento del vocabolo. Viene usato incontrando qualcuno: «Gua', chi si vede!»
Guàppo · A Livorno il termine
guappo non è obbligatoriamente riferito all'arrogante o al camorrista; anzi, spesso si usa per sfottere bonariamente l'amico che, uscendo di casa col vestito della domenica, ha tutta l'aria di sentirsi belloccio e attraente.
«Vieni stronzolo, un fà 'r guappo!» (Vieni, sciocco, non fare il vanitoso).
Guàsi · Quasi.
«Guasi guasi mi bevo un'aranciata».
Ibò · Interiezione che esprime disgusto. Come
aibò.
«Ho trovato un capello nella minestra, ibò, mi vien da vomità!»
† Imparàre [
imparà] · Insegnare.
«Vieni, t'imparo a disegnà» • «Mi devi imparà quella 'anzone, riòrdatene!»
Impermiàbile · Impermeabile.
Impiàstro · Persona di gusti difficili, alla quale non va mai bene niente.
«Ieri un volevi ir brodo, oggi un ti ci va li spaghetti. Sei propio un impiastro!»
(†) Incardanàrsi [
incardanàssi] · Prendere una cotta per qualcuno, innamorarsi.
(†) Incardanàto · Colui che è nella fase acuta dell'innamoramento.
«Un cercà di 'onvìncilo a lascialla: è troppo 'ncardanato». (Non cercare di convincerlo a lasciarla: ne è troppo cotto).
Incignàre [
incignà] · Rinnovare un oggetto, indossare un indumento per la prima volta.
Io incìgno, tu incìgni, egli incìgna. Lo vòi incignà questo berretto sì o no?
Inteligènte · Intelligente.
† Lacciàia · In origine la lacciaia è una corda usata dai butteri maremmani per prendere al lazo gli animali. A Livorno, singolarmente, la lacciaia assume il significato di
accalappiacani.
(†) Lécca · Tiro estremamente forte, sventola, bordata. Plurale:
lécche.
(†) Legonàta · Tiro violentissimo, gran bordata. Esiste anche la variante
ligonàta, seppur meno comune.
«Boia, che legonata!» (Accidenti, che bordata!)
† Lescó · Voce espressiva che sta per «Via, sciò!» Usata per scacciare animali e anche, in tono scherzoso, per allontanare i bambini. E' la livornesizzazione di «Let's go!»
Leticàre [
letià] · Litigare.
Io létio, tu létii, egli létia. «Hai intenzione di letià?»
Levare il fumo alle schiacciate [
levà 'r fumo alle stiacciate] · Essere svegli, reattivi, intelligenti, veloci nell'agire. Così veloci da riuscire, in senso figurato, a prendere al volo il fumo delle
stiacciate appena cotte che stanno uscendo dal forno.