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ANNULLA
A–Z
A
† Abbituà
ossia: abbituàre

Abituare.

Ar freddo ti ci devi abbituà.
(traduzione superflua)

Raddoppiare certe consonanti non è un'abitudine lessicale labronica; ma esistono dei vocaboli che fanno eccezione, che probabilmente, nel tempo, sono stati imbrigliati e scompigliati dalla multietnia che rende la città così caratteristica e unica. Il verbo abbituà (romanesco, più che toscano), da sé dovrebbe dirla lunga su quanto il livornese sia una miscela detonante di lingue e di costumi. Ho quindi pensato che tali vocaboli, essendo rarità sintomatiche di un prodigioso guazzabuglio culturale, meritassero almeno una breve menzione.

Abbócco

Tranello bonario, preparato di nascosto ai danni altrui, affinché la vittima "abbocchi" come un pesce all'amo. È uno scherzo di carnevale praticabile 365 giorni all'anno, di cui il livornese fa largo impiego.

Abbùo abbùo
ossia: a buco a buco

Per un pelo, giusto giusto.

Son montato sur treno a buo a buo.
trad. Sono salito sul treno per un pelo, c'è mancato poco lo perdessi.
– Ce l'ha' fatta a entrà ner parcheggio?
– Sì ma dé! A buo a buo.
traduzione:
– Sei riuscito ad entrare nel parcheggio?
– Sì ma che fatica! Preciso al millimetro.
(†) Acchinà
ossia: acchinare

Chinare, abbassare. Il riflessivo è acchinarsi, pronunciato acchinassi.

Mentre m'acchinavo mi s'è strappato le mutande.
(traduzione superflua)
† Addiàtti
ossia: a diàtti

Locuzione che significa «È già molto, accontentiamoci».

Addiatti se son vivo dopo ver popò d'incidente!
trad. E' già molto se sono vivo dopo quel terribile incidente!
Con questi 'iari di luna addiatti se si mangia!
trad. In questo periodaccio è già una fortuna poter mangiare!
Àffria
ossia: affrica

Africa.

Anche il fiorentino raddoppia la f di Africa, con la differenza che egli aspira la c, dice infatti Affriha.

Affriàno
ossia: affricano

Africano.

Aggaì
ossia: aggaire

Verbo che indica il disagio fisico provocato dalla fame, dalla sete, dal sonno e da altre sgradevoli sensazioni.

Ragazzi, 'nniamo a casa, qui s'aggaisce dar freddo.
(traduzione superflua)
Qui s'aggaisce dalla fame!
(traduzione superflua)

Aggaì appartiene a quella lunga serie di vocaboli che ognuno interpreta a modo proprio, quindi la mia definizione potrebbe sembrare ottima per Tizio e pessima per Caio.

D'altronde non si può pensare che un termine dialettale indichi qualcosa di preciso e indiscutibile, né che il suo significato rimanga immobile nei secoli, tantomeno che il modo di usarlo sia identico in tutte le zone della città. Non me ne voglia, Caio.

† Aggrovigliolà
ossia: aggrovigliolare

Aggrovigliare, attorcigliare.

Mi s'è aggrovigliolata la lenza, maremma cane!
(traduzione superflua)
Aibò

Interiezione che esprime disgusto. Come ibò.

Aibò i ragni!
trad. Che schifo mi fanno i ragni!
Aimmèi

Vedi oimmèi.

Aimmèna

Vedi oimmèi.

Aimmène

Vedi oimmèi.

Aiò

Esclamazione che sta per «Attenzione! Occhio!»

† Aiòle

Variante di aiò.

Allezzìto

Può avere un'infinità di significati e sfumature, dipende dal contesto e dal modo in cui il vocabolo viene pronunciato. Si può partire da indigente, ridotto in miseria, sfortunato, vittima della società; per passare da lezzo, puzzolente, trasandato, barbone, schifoso; fino a ignorante, povero inetto, inesperto, o incapace di riuscire in una qualsivoglia attività. Addirittura, l'appellativo di allezzito può prenderlo un micragnoso, anche se ricco sfondato. È un termine estremamente difficile da comprendere, se non si conosce a fondo la lingua livornese e "livornesità" di chi la parla.

(†) Ammanaccà
ossia: ammanaccare

Certamente deriva da almanaccare, che in italiano significa fantasticare, ingegnarsi, progettare, escogitare.

La versione labronica ha lo stesso significato, ma con una sfumatura lievemente diversa: per ammanaccà occorrono anche le mani, non basta solo la mente.

Il bambino che impugna cacciaviti e pinze, che rufola nei cassetti in cerca di radioline da smontare per trasformarle in catapulte e dischi volanti, è un figliolo che ammanacca.

– Marco, cos'ammanacchi?
– Nulla mamma, riparo 'r fornello der gasse.
(traduzione superflua)
Ammarcì
ossia: ammarcire

Marcire.

Ammattì
ossia: ammattire

Il significato che riporta il vocabolario italiano del verbo ammattire lo conosciamo tutti: «diventare matto, impazzire».

Lo stesso verbo, anche a Livorno può significare «impazzire», ma è più frequente usarlo intendendo «perdere troppo tempo nello svolgere un compito».

– Pe' stasera fai 'r cacciucco?
– No, un ho voglia d'ammattì tutto 'r giorno, fo 'na frittata.
traduzione:
– Per stasera prepari il cacciucco?
– No, non ho voglia di passare la giornata ai fornelli, cucino una frittata.
(†) Amonìaca

Ammoniaca.

† Ànaci

Anice.

† Ànco

Anche.

Annàcqualo!

Gridare «annacqualo!» è un modo scherzoso per dare dell'ubriaco a qualcuno: si invita l'amico o il conoscente a diluire con acqua il troppo vino che beve. Non ha importanza se quest'ultimo è un vero bevitore o un astemio, conta solo trattarlo da avvinazzato e rintronato.

† Antepàtio
ossia: antepatico

Antipatico.

Antùa

Fastidio, tedio, uggia.

Mi fai venì l'antua!
trad. Mi stai annoiando, mi stai facendo venire il latte alle ginocchia.

È un vocabolo interpretabile e soggetto a mutazione. Per esso vale quanto detto su aggaì.

Interiezione atta a rafforzare il vocativo, il corrispondente di o nella lingua italiana:

- Ascoltami, o mio Signore!

- O Madre celeste, intercedi per noi!

Il livornese, che non è propriamente un sofisticato, usa il vocativo quasi esclusivamente per ingiuriare (anche e soprattutto scherzando):

- brodo!

- stronzolo!

- caàta!

† Àpisse

Lapis.

† Appisinnìto

Si dice di un indumento che sta troppo preciso indosso.

È un aggettivo mal traducibile, che può considerarsi affine a striminzito, ritirato, invecchiato, infeltrito, corto, stretto, liso.

Levati vella maglia appisinnita, ci pài cresciuto dentro!
trad. Togliti quella maglia striminzita, ci sembri cresciuto dentro!
(†) Appuntìno

Temperamatite.

† Aràdio

Radio, radiolina. Plurale: aradi.

In casa c'ho tre aradi, se vòi te ne regalo uno.
(traduzione superflua)
Aridàgnene!

Esclamazione che esprime disappunto sul ripetersi di un evento sgradevole. Qualcosa di simile a: «Oh no! Di nuovo?»

Volendo, può essere pronunciata aridanniene o aridannene.

Ariècco

Riecco, ecco di nuovo.

Arrànda
ossia: a randa

In italiano, uno dei tanti modi per dire a tutto gas, a tutta forza, a tutto volume, è a tutta randa. Si prende in prestito la randa (un tipo di vela) dal gergo marinaro e la si usa nella succitata locuzione.

Il livornese si comporta come gli altri, con la differenza che la fa più spiccia: toglie di mezzo il tutta e dice semplicemente a randa, pronunciato arranda.

(†) Arrazzàta

Variante di razzata.

Arrèggere

Reggere, tenere, trattenere.

Arbitro, è lui che m'ha arretto per la maglia!
(traduzione superflua)
La smetti d'arrègge?
(traduzione superflua)
† Arribartà
ossia: arribaltare

Ribaltare, capovolgere. Il riflessivo è arribartàssi.

Oh, va' piano! Prima o poi t'arribartarti 'on quella lambretta!
(traduzione superflua)
Ti do 'no storciodiòllo t'arribarto.
trad. Ti do uno di quegli scapaccioni che ti capovolgo.
Arriva ' pisani
ossia: arrivano i pisani

Oppure: ecco ' pisani (l'articolo "i" si pensa ma non si pronuncia).

Locuzione che significa «sta arrivando il sonno». Viene usata principalmente di sera, quando si vede il bambino che inizia a sbadigliare: inequivocabile segnale che è giunta l'ora di andare a nanna.

Arrivà dopo la porvere
ossia: arrivare dopo la polvere

Arrivare ultimi o con gran ritardo. "Dopo la polvere" che gli altri (si presume podisti o cavalli) hanno sollevato durante la corsa, ormai terminata da un pezzo.

(†) Arrizzà
ossia: arrizzare

Rizzare, sollevare.

Arrocchettà
ossia: arrocchettare

Verbo che indica il disagio fisico provocato dal freddo. Sinonimo di zizzolà.

Bimbi, s'entra 'n casa? Qui s'arrocchetta.
trad. Ragazzi, entriamo in casa? Qui si muore dal freddo.
Arrondemàn

Tantissimo, tantissimi, a iosa, a bizzeffe.

– Ti ci va la torta?
– Arrondeman!
traduzione:
– Ti va la torta di ceci?
– Mi va moltissimo, ne mangerei un quintale!

Arrondemàn sembra provenire da «Around the man!» l'esortazione spesso utilizzata dagli statunitensi durante la seconda guerra mondiale, indicante la volontà di accerchiare un ubriaco per quietarlo con maniere non propriamente cortesi, ossia riempiendolo di botte, un sacco di botte. Botte arrondeman!

P.S. Molti livornesi tolgono la enne finale: arrondemà.

Arronzà
ossia: arronzare

Scaraventare, lanciare qualcosa sgarbatamente anziché porgerlo.

Passami il libbro, ma un me l'arronzà!
trad. Passami il libro, ma non scaraventarmelo addosso!
Arrottadiòllo
ossia: a rotta di collo

A velocità esorbitante, eccessiva.

– Son venuto giù dar Gabbro co' pattini, a rottadiòllo.
– Ma sse' scemo? T'ammazzi!
traduzione:
– Sono sceso dal Gabbro (località collinare) con i pattini, andavo come un missile.
– Ma sei matto? Rischi di ucciderti!
† Arrovescià
ossia: arrovesciare

Rovesciare, versare, far cadere qualcosa da un recipiente.

Bada 'n arrovescià 'r vino!
trad. Attenzione a non versare il vino!
Àrtro
ossia: altro

Può voler dire sia qualcos'altro, sia nient'altro.

– Signora, vòle artro?
– Artro, grazie.
traduzione:
– Signora, vuole qualcos'altro?
– Nient'altro, grazie.

Un tempo lo si sentiva pronunciare anche antro, alla romana: «me ne dia un antro po'». Oggi assai meno, antro è quasi scomparso.

Àrtro che
ossia: altro che

Solo, soltanto, solamente.

Esiste ed è usatissima anche la forma contratta artr'e.

Di vesti tempi sto bene artro che ar mare.
(traduzione superflua)
I vaderni li trovi artr'e 'n cartoleria.
trad. I quaderni li trovi soltanto in cartoleria.
† Ascèndere

Scendere. In pratica l'esatto opposto di ciò che realmente significa ascendere, la cui a iniziale ha valore privativo: a-scendere.

La a iniziale dell'ascendere livornese, invece, non è affatto privativa: potremmo chiamarla eufonica, introduttiva.

Ascendi dar filobùsse!
trad. Scendi dall'autobus!
Asservà
ossia: asservare

Serbare, mettere da parte una cosa perché particolarmente cara, oppure per usarla in futuro.

† Assistemà
ossia: assistemare

Sistemare.

Avécci 'r bùo strappato
ossia: averci il buco (del sedere) strappato

Avere molta fortuna.

Avécci 'r culo sudicio
ossia: averci il culo sudicio

Avere la coscienza sporca.

Avécci le ruzze
ossia: averci le ruzze

Avere una gran voglia di scherzare.

S'è svegliato bene: oggi c'ha le ruzze.
trad. S'è svegliato di buonumore: oggi ha una gran voglia di scherzare.
Avellà
ossia: avellare

Emanare cattivo odore, puzzare.

Che schifo, sur filobusse c'era uno 'e avellava di sudore!
(traduzione superflua)
Làvati, sudicio, un pòi avellà così!
trad. Làvati, zozzone, non puoi emanare quel cattivo odore!
 
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